“..la paternità è un periodo delicato e intenso come la maternità..”

Tra gli addetti ai lavori ormai non è più un mistero che anche i papà possano sviluppare la depressione post parto. Uno dei primi articoli in merito venne scritto (pensate!) nel 1931 in America da un medico psicoanalista, ma nell’opinione comune il fatto che anche gli uomini possano soffrirne non è ancora molto diffuso… e accettato.

Le persone tendono molto di più a chiedere alla neo-mamma come sta e al neo-papà come vede la compagna… insomma la tendenza è quella di preoccuparsi di più della tranquillità emotiva della donna, dando per scontata o marginale quella dell’uomo. Come se l’unica a sopportare gioie e fatiche fosse la donna. Niente di più assurdo!

Ricordo perfettamente il colloquio con una signora che era venuta in consulenza per delle difficoltà con la figlia e durante il colloquio confidò che il marito era andato in depressione subito dopo la sua nascita. Commentò che dopo tutto era lei che avrebbe avuto più ragioni per deprimersi, la cosa era stata vissuta come strana e ancora oggi non giustificava la depressione del partner.

COSA DICE LA RICERCA

Diverse ricerche internazionali rivelano come la depressione post parto paterna si collochi in un range molto ampio che va dal 4 al 25% dei casi a seconda dell’età del neo padre, del periodo di vita del bambino e della presenza o meno di disagio psicologico anche nella madre. Il malessere colpirebbe maggiormente i neo genitori particolarmente giovani e quelli con meno possibilità economiche. (Archives of Pediatrics & Adolescent Medicine, 2010).

Il disagio può comparire anche prima dell’evento nascita, (infatti puoi sentire parlare anche di depressione perinatale, ma il concetto è lo stesso!) oppure manifestarsi fino ad un anno dopo l’arrivo del figlio. Insomma il papà, esattamente come la mamma, può accusare il colpo anche se la novità dell’essere genitore è passata da un pezzo.

…PERCHÉ NON È STRANO…

Cosa ne sanno gli uomini di dolore del parto, seno gonfio e indolenzito, corpo stanco, sali scendi degli ormoni, accudimento continuo e impegnativo, fatica psicologica… in poche parole lo stravolgimento della vita?

In realtà la mamma non è l’unica persona ad uscire meravigliosamente stravolta da questa avventura, ma condivide questo destino con il papà. Entrambi fanno l’esperienza di vedere improvvisamente contratta la loro libertà individuale e di coppia. Entrambi devono fare i conti con un nuovo ruolo che implica responsabilità e preoccupazioni che prima non c’erano.

Se hai già avuto figli sai che, dal giorno in cui avete stretto tra le braccia il vostro bambino, la vita di coppia ha subìto un inesorabile cambiamento.

Ciò che era normale e scontato prima non lo è più: avere le attenzioni del partner appena vi ritrovate alla sera, fare l’amore quando ne avete voglia, fare scelte centrate solo sulle necessità della coppia.

Così come alcune fatiche psicologiche e fisiche: modificare la propria identità inserendo i nuovi compiti genitoriali, sopportare la stanchezza e le notti insonni, tollerare l’incertezza della ripresa della vita sessuale come prima del figlio, fare i conti con il divario tra la genitorialità fantasticata e quella reale ecc.

Sono tutte questioni che toccano sia la mamma che il papà e così come non è assicurato che tu riesca a destreggiarti in tutto questo turbinio di trasformazioni, non lo è nemmeno per il tuo compagno.

Certo gli uomini non partoriscono, non allattano al seno, non stanno a casa 24 ore al giorno con il bebè per mesi (tranne in qualche caso). Ma noi donne non dobbiamo fare l’errore di pensare che per i nostri partner vederci faticare e soffrire sia come bere un bicchier d’acqua.

Tuttavia, il lungo elenco di esperienze appena citato che puoi vivere, non sono in realtà solo fonte di fastidi e fatiche. Tutt’altro!

La Maternità dona a noi donne la capacità stabilire un intimo contatto con il bambino. Pensa all’emozione indescrivibile di sentire tuo figlio muoversi dentro di te, alla sensazione di potenza ed efficacia che può regalare il parto, ai primi mesi di vita in cui sei in continuo interscambio emotivo con tuo figlio, proprio grazie dall’intenso rapporto fisco vissuto in gravidanza.

Tutto questo “sentire dentro” che circola tra te e il tuo bambino è una risorsa unica che ti sostiene.

Il papà non ha l’opportunità di beneficiare di questa risorsa, lo può fare solo indirettamente attraverso te, per questo è fondamentale che:

  • lo coinvolgi fin dai primi momenti della gravidanza,
  • gli racconti ciò che vivi emotivamente,
  • non criticarlo in continuazione per come si occupa di te e del bambino,
  • accettare che prenda l’iniziativa nelle cure
  • fargli assumere compiti precisi per accrescere il senso di competenza e la fiducia in se stesso.

La mancanza di queste attenzioni possono favorire un senso di esclusione e insicurezza nel tuo partner, vissuti che sono alla base della depressione perinatale.

Sicuramente ci sono uomini che si interessano e si coinvolgono spontaneamente e altri che faticano molto di più. Ciò dipende da numerosi fattori psicologici individuali e da esperienze passate (di cui parlo in un altro articolo nel sito), in ogni caso questo non ci autorizza ad assecondare la loro esclusione.

Rispettare quanto detto sopra, ha inoltre l’effetto collaterale positivo che anche tu come mamma puoi sentirti alleggerita e supportata nel tuo ruolo.

La funzione del padre, nel periodo che va dalla gravidanza fino ai primi anni del bambino, è quella “del contenente del contenitore”, ossia ha il compito di donare sostegno, protezione, sicurezza a te e quindi al bambino. Questo è un lavoro importantissimo e impegnativo e lo stress legato ad esso non sempre viene tollerato facilmente.

La rete di sostegno delle donne della famiglia per la neomamma, soprattutto nella nostra società, si è molto allentata e in alcuni casi quasi scomparsa, pertanto questa funzione contenitiva e supportiva dell’uomo è vitale!

IL POTERE DELLA CONDIVISIONE MASCHILE

È altrettanto importante che anche il tuo compagno non sia solo e abbia la possibilità di parlare con altri papà, semplicemente tra amici o frequentando gruppi appositamente creati allo scopo.

Può essere di grande sollievo per lui fare domande e capire:

  • di non essere il solo ad avere qualche difficoltà.
  • che nutrire sentimenti ambivalenti verso il nuovo assetto familiare è normale: tristezza, gelosia, rabbia, paure, possono convivere con gioia, soddisfazione, amore, orgoglio.
  • di poter smettere di ignorare risentimento e frustrazione che si provano verso il figlio, altrimenti rischiano solo di rafforzarsi sempre di più se restano inascoltati.
  • che la paternità è un periodo delicato e intenso come la maternità.
  • che alla fine non esiste un unico modo per essere un “bravo genitore” e lo si è anche se a volte si prova irritazione nei confronti del figlio e un misto di tristezza e incredulità verso la compagna che è cambiata così tanto nel giro di poco tempo.

Ovviamente nel caso in cui non si tratti di un disagio passeggero di breve periodo, ma si sia strutturato un disturbo che dura da un mese o più, il sostegno di parenti e amici è prezioso, ma non sufficiente.

È importante ricorrere anche ad un aiuto esterno di un professionista.   

La fantasia comune è che la nascita sia un momento di gioia, quindi chiunque sia a cadere preda della depressione post parto, vive un’insopportabile vergogna che molto spesso impedisce di chiedere un aiuto adeguato.

Siate comprensivi con voi stessi, non fermatevi a questo!

Nel mio prossimo articolo vi fornirò degli strumenti utili per captare i segnali di Depressione Post Parto Paterna e per iniziare a risolverla qualora si fosse già presentata.